Il D.Lgs. 116/2020, che ha modificato il Testo Unico Ambientale (D.Lgs. 152/2006) e le cui principali novità sono riportate nella nostra circolare 17/2020*, ha apportato una modifica alla gestione dei rifiuti urbani generati dalle imprese.
In particolare il decreto modifica la definizione di rifiuti urbani, le modalità di raccolta degli stessi e di conseguenza la Tassa Asporto Rifiuti (TARI).
I rifiuti possono essere classificati come urbani se vengono rispettatati i due requisiti
✅ Sono prodotti da una delle attività descritte nell’elenco L-Quinquies del D.Lgs 152/06 – parte IV;
✅ Sono della tipologia indicata nell’elenco L-Quater del D.Lgs 152/06 – parte IV.
In allegato si riportano gli elenchi di cui sopra.
Per quanto riguarda le modalità di gestione dei rifiuti urbani, ai sensi del D.Lgs 116/2020, le imprese possono decidere di non avvalersi del servizio di raccolta pubblico e richiedere al comune di appartenenza la detassazione della quota variabile della TARI nella misura proporzionale alle quantità di rifiuti urbani gestiti in via autonoma.
Le aziende sono tenute a comunicare entro il 31 Maggio la scelta di avvalersi del servizio privato di raccolta dei rifiuti urbani al comune di appartenenza o di mantenere in essere l’accordo con il servizio di pubblica raccolta. Tale comunicazione va ribadita ogni anno, qualora l’azienda intenda avvalersi del servizio privato.
Si comunica che se l’azienda vuole interrompere il contratto con il privato e tornare al pubblico può farlo solo dopo aver ricevuto l’approvazione da parte del Comune sulla capacità di soddisfare la richiesta dell’utente. L’accordo stipulato con il Comune ha una durata non inferiore a 5 anni.
TecnoLambro consiglia di confrontarvi con il vostro commercialista o consulente per valutare quanto sopra e con il comune di appartenenza per le modalità con cui comunicare la scelta del gestore di rifiuti urbani.
📍Allegato L -quinquies – Elenco attività che producono rifiuti di cui all’articolo 183, comma 1, lettera b -ter ), punto 2)
1. Musei, biblioteche, scuole, associazioni, luoghi di culto.
2. Cinematografi e teatri.
3. Autorimesse e magazzini senza alcuna vendita diretta.
4. Campeggi, distributori carburanti, impianti sportivi.
5. Stabilimenti balneari.
6. Esposizioni, autosaloni.
7. Alberghi con ristorante.
8. Alberghi senza ristorante.
9. Case di cura e riposo.
10. Ospedali.
11. Uffici, agenzie, studi professionali.
12. Banche ed istituti di credito.
13. Negozi abbigliamento, calzature, libreria, cartoleria, ferramenta, e altri beni durevoli. 14. Edicola, farmacia, tabaccaio, plurilicenze.
15. Negozi particolari quali filatelia, tende e tessuti, tappeti, cappelli e ombrelli, antiquariato. 16. Banchi di mercato beni durevoli.
17. Attività artigianali tipo botteghe: parrucchiere, barbiere, estetista.
18. Attività artigianali tipo botteghe: falegname, idraulico, fabbro, elettricista.
19. Carrozzeria, autofficina, elettrauto.
20. Attività artigianali di produzione beni specifici.
21. Ristoranti, trattorie, osterie, pizzerie, pub.
22. Mense, birrerie, hamburgerie.
23. Bar, caffè, pasticceria.
24. Supermercato, pane e pasta, macelleria, salumi e formaggi, generi alimentari.
25. Plurilicenze alimentari e/o miste.
26. Ortofrutta, pescherie fiori e piante, pizza al taglio.
27. Ipermercati di generi misti.
28. Banchi di mercato generi alimentari.
29. Discoteche, night club.
Rimangono escluse le attività agricole e connesse di cui all’articolo 2135 del codice civile.
Attività non elencate, ma ad esse simili per loro natura e per tipologia di rifiuti prodotti, si considerano comprese nel punto a cui sono analoghe.
📍 Allegato L -quater – Elenco dei rifiuti di cui all’articolo 183, comma 1, lettera b -ter ), punto 2).